a cura di Piercarlo Salari, medico e divulgatore medico scientifico
L’aggiornamento 2023, presentato al 32nd Annual European Meeting on Hypertension and Cardiovascular Protection, svoltosi a Milano a fine giugno, segna il ventesimo anniversario delle linee guida dell’European Society of Hypertension (ESH). Oltre a richiamare l’attenzione sulle inevitabili modifiche – peraltro non particolarmente rilevanti rispetto all’edizione precedente – che saranno a breve sintetizzate, esso invita anche a riflettere su alcune barriere e criticità sempre attuali, a partire dal controllo insoddisfacente dell’ipertensione arteriosa: i dati globali, infatti, denotano un quadro epidemiologico tuttora caratterizzato da una notevole variabilità geografica – per esempio in Giappone soltanto un quarto dei pazienti è controllato – e purtroppo ancora lontano dagli obiettivi, che mirano a un drastico abbattimento delle complicanze cardiovascolari.
ASPETTI EPIDEMIOLOGICI
Fattore di rischio e, quando esita in danno d’organo, malattia. Questa duplice connotazione clinica dell’ipertensione acquista un impatto ancora più gravoso se si considera la sua epidemiologia, per la quale si configura come la patologia cardiovascolare più diffusa al mondo, interessando secondo l’OMS 1,28 miliardi di adulti d’età compresa tra 30 e 79 anni, dei quali due terzi risiedenti in Paesi a basso e medio reddito. Nel 2019 la prevalenza globale dell’ipertensione si è attestata al 34% negli uomini e al 32% nelle donne, e nel continente europeo la prevalenza tende a valori inferiori alla media nei Paesi occidentali e superiori alla media in quelli orientali. Va inoltre ricordato che al di sotto dei 50 anni d’età l’ipertensione è più diffusa negli uomini, mentre la prevalenza aumenta nelle donne oltre i 65 anni; la pressione sistolica aumenta invece progressivamente con l’età, mentre la diastolica aumenta soltanto fino ai 50-60 anni, per poi registrare, dopo un periodo di stabilizzazione, una lieve riduzione che porta a un aumento della pressione differenziale con l’età.
UN’ESPLORAZIONE PANORAMICA DELLE LINEE GUIDA 2023, TRA CONFERME E “NOVITÀ”
- La definizione e la classificazione non sono cambiate rispetto alle linee guida del 2018, ma viene sottolineata l’importanza della misurazione domiciliare – in linea teorica non condizionata dall’“effetto camice” –, per la quale sono preferiti i sistemi automatizzati (nel rispetto di semplici condizioni e accorgimenti posturali), che spesso permettono anche l’immediata trasmissione dei dati.
- Per la maggior parte della popolazione adulta i target sono compresi tra 120 e 140 mmHg per la pressione sistolica e tra 70 e 80 mmHg per la diastolica. Viene ribadito che il beneficio è proporzionale alla riduzione pressoria, ma è opportuno trovare un giusto equilibrio tra risultato, effetti indesiderati e compliance.
- Le modificazioni dello stile di vita (dieta e attività fisica) costituiscono il primo approccio nei casi caratterizzati da basso rischio cardiovascolare, assenza di danno d’organo e valori appena superiori al limite (140/90 mmHg) stabilito quale inizio della terapia farmacologica.
- Il criterio guida, come viene chiaramente esplicitato, non è il rischio cardiovascolare del paziente ma il valore pressorio misurato, in base al quale si può stabilire il target da raggiungere. Nella maggior parte dei casi è consigliato iniziare il trattamento con una doppia combinazione – per esempio un ACE inibitore o un sartano con un calcioantagonista o un tiazidico –, aumentando il dosaggio fino al massimo tollerato e facendo ricorso a una tripla associazione e a una successiva aggiunta di altri farmaci. È sempre privilegiata la monosomministrazione giornaliera, preferibilmente al mattino. Un dettaglio innovativo è la “riqualificazione” dei beta-bloccanti, che nelle edizioni precedenti erano considerati come seconda linea. Analogamente, si affacciano nell’armamentario terapeutico gli SGLT2-inibitori e gli antagonisti dei recettori per i mineralcorticoidi (MRA) non steroidei.
- Una novità riguarda la gestione dell’ipertensione resistente, per la quale è contemplato l’impiego della denervazione renale (RDN), considerata una terapia aggiuntiva in caso di velocità di filtrazione renale (eGFR) di almeno 40 ml/min o di triplice terapia ai dosaggi massimi inefficace e gravata da effetti indesiderati o ripercussioni sulla qualità di vita.
- Quali ulteriori elementi di differenziazione delle nuove linee guida si possono citare l’introduzione di approcci specificamente diretti ai pazienti con insufficienza cardiaca, nefropatia cronica o forme di ipertensione secondaria e la caratterizzazione di fattori di rischio, criteri e raccomandazioni in relazione a sesso ed età, nonché di strategie per la valutazione diagnostica e la riduzione della non aderenza e dell’inerzia terapeutica.
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
L’interrogativo, o meglio la difficoltà, che si pone sempre al medico riguarda l’applicazione di raccomandazioni ufficiali nel proprio ambito professionale. Indipendentemente dall’ambito clinico, un “adattamento” deve essere sempre compiuto, a maggior ragione quando si tratta di linee guida internazionali. Un orientamento in questa direzione, benché forse appena percettibile, traspare da due caratteri delle nuove linee guida ESH: l’attenzione prestata a situazioni in cui l’ipertensione si associa ad altre condizioni, tali da richiedere un trattamento antipertensivo opportunamente ragionato, e un ampliamento considerevole del numero di referenze. Una possibile strategia per ottimizzare i risultati e soprattutto per prevenire le molteplici complicanze è la personalizzazione dell’approccio, che presuppone una seria e ponderata considerazione delle numerose variabili che concorrono all’unicità del singolo paziente, condizionandone la risposta e l’aderenza alla terapia.